Linguaggio Del Corpo

Giocare con l’anello, pizzicarsi il naso, annodare i capelli su un dito (tipico del sesso femminile), grattarsi la nuca o aggiustarsi un polsino e numerosi altri comportamenti simili sono tutti segnali che produciamo senza sosta, in modo quasi interamente automatico e senza intenzione di trasmettere alcunché.

Nelle nostre interazioni quotidiane questo “bailamme” viene di solito ignorato o giudicato senza senso.

Questo però non significa che i segnali del corpo non vengano colti e non producano effetti.

il processo avviene però, per lo più, al di fuori della nostra consapevolezza. Potremmo paragonare la loro azione a quella di batteri e virus: anche se non li vediamo, questi micro-organismi non mancano di infettarci e di procurarci febbre, bronchite o altri malanni.

Talvolta, la percezione inconscia dei messaggi del corpo é causa di situazioni di incredibile disagio, apparentemente senza motivo: un datore di lavoro può rendere pesante l’atmosfera in ufficio, senza fare niente di particolarmente disdicevole: ad esempio, può stare troppo vicino ai propri impiegati mentre parla con loro; può toccarli in modo esagerato o eccessivamente confidenziale; può ascoltare sorridendo le loro opinioni, stringendo le labbra fino a renderle livide e tremanti.

In situazioni come questa, anche qualora ci accorgessimo di questi comportamenti e cercassimo di parlarne, ci verrebbe risposto che equivochiamo e, nei casi peggiori, potremmo venire tacciati di essere visionari o paranoici.

I segnali del corpo, infatti, proprio perché non riconosciuti come messaggi, si prestano ad essere facilmente smentiti.

Eppure, la dimensione non verbale ha tutti i “numeri” per non passare inosservata.

Delle misure effettuate da alcuni studiosi sull’ammontare delle comunicazioni che inviamo più o meno involontariamente dimostrano quanto realmente conta nei nostri scambi.

L’antropologo Albert Mehrabian ha stabilito che solamente il 7% di tutte le informazioni che ci arrivano da un discorso passa attraverso le parole; il restante, che è comunicazione non verbale, si divide in: 38% che ci perviene dal tono della voce e 55% che arriva dai segnali di mani, braccia, gambe, piedi ecc.

Armato di cronografo, il ricercatore Ray Louis Birdwhistell ha constatato che, mediamente, in una giornata non parliamo per più di dieci, dodici minuti e che una frase media non dura più di dieci secondi e mezzo.

Inoltre, sulla base delle sue valutazioni, ha poi stabilito che il 65% delle interazioni da lui esaminate “prendeva la via del corpo”.

Insomma, il corpo é proprio un “chiacchierone”, ma parla una lingua che non conosciamo e invia messaggi che spesso travisiamo.

Attualmente, psicologi e antropologi hanno identificato e catalogato numerosi segnali non verbali e li hanno divulgati attraverso pubblicazioni e corsi.

Imparare a leggere ed interpretare correttamente questi messaggi non é però semplice. Grazie a libri e manuali, chiunque può capire come distinguere i comportamenti più significativi.

Il problema, é che in genere li si considera in modo isolato; praticamente, é come se ascoltando delle parole, dessimo loro un significato senza tenere conto delle frasi in cui compaiono.

 

Quando leggiamo il corpo, in definitiva, non dobbiamo soffermarci su un singolo gesto: quello che viene espresso in modo non verbale infatti é più simile ad un concerto che un assolo.

Questo vuol dire per prima cosa che un messaggio riverbera in più parti del corpo (così, l’ansia può essere riflessa in una mano contratta, in un’ alterazione del respiro e in abbassamento del tono di voce).

Inoltre, i segnali del corpo possono agire in accordo (come nel caso descritto dell’ansia), in disaccordo o contribuire in “coro” al messaggio globale.

Una disarmonia si osserva quando alcuni segmenti del corpo contraddicono il senso trasmesso da una altra parte.

Questo succede perché alcune regioni del corpo sono maggiormente sotto il nostro controllo; mentre altre lo sfuggono.

Così teniamo sott’occhio e “supervisioniamo” buona parte della mimica facciale e della gestualità; al contrario, non sappiamo in genere cosa stanno facendo i nostri piedi.

Più in generale, abbiamo un certa consapevolezza del corpo fino al bacino e siamo poco coscienti di quello che accade da sotto la cintura in giù.

Inoltre, abbiamo piuttosto presente quello che facciamo con il lato destro; per contro, molte cose ci possono sfuggire con la metà sinistra.

Può capitare così che ci si trovi ad una festa e si sia coinvolti in una conversazione noiosa, quando a pochi passi c’é una persona che ci piace.

In quella situazione, potremmo orientare il tronco verso l’interlocutore e avere i piedi puntati verso l’oggetto di attrazione.

In certe occasioni, possiamo dare messaggi apparentemente contradditori, senza per questo avere interessi o intenzioni opposte: l’antropologo David Givens, nelle sue osservazioni sugli approcci tra individui di sesso opposto, ha notato che i segnali di attrazione e di disponibilità sono accompagnati quasi sempre da indizi di disagio.

In questo caso, i segni di tensione non indicano il desiderio di sottrarsi all’interazione, ma rappresentano un modo per “mettere a tacere” l’ansia di confrontarsi con chi ci piace.

Alle volte, un segnale non dice granché se preso di per sé, ma assume valore se accompagnato da un’espressione facciale o da altri comportamenti: così, grattarsi lo zigomo, ad esempio, non ci dice molto; ma se contemporaneamente il volto viene piegato di lato, significa fastidio, perplessità o disappunto.

Altre volte, uno stesso segnale può avere addirittura significati diversi a seconda della “cornice” in cui é inserito: muovere la lingua sulle labbra indica in genere piacere, ma se le sopracciglia sono sollevate e unite è indice d’ansia.

Un altro errore comune nell’interpretare i segnali non verbali sta nel trascurare lo stimolo: passarsi una mano fra i capelli guardando qualcuno o mentre quest’ultimo affronta un certo argomento, ne cambia completamente il senso: nel primo caso é attrazione; nel secondo, curiosità o interesse per quello che viene detto.

E’ proprio per evitare fraintendimenti o distorsioni che conviene apprendere il linguaggio del corpo in un corso; dove si impara innanzitutto a conoscere la “sintassi” della comunicazione inconscia e dove, soprattutto, viene spiegato il rapporto che lega stimoli e reazioni non verbali e come questi vadano letti nel contesto in cui si presentano.

Le applicazioni della comunicazione non verbale sono molteplici.

Innanzitutto, possiamo dire che leggere i piccoli gesti involontari ci da modo di conoscere la personalità e i lati nascosti degli altri; proprio in funzione di questa accurata comprensione del carattere delle persone con cui veniamo a contatto, possiamo migliorare o cambiare i nostri rapporti interpersonali.

Un altro importante modo d’impiego dei segnali non verbali è svelare le menzogne: se ad esempio, il nostro interlocutore ci promette di fare una certa cosa, ma al tempo stesso si sfrega il naso significa che molto probabilmente non la farà.

Spesso ci troviamo nella situazione in cui è importante sapere l’opinione che una data persona ha di noi: identificando i messaggi non verbali possiamo conoscere esattamente cosa pensa veramente l’altro di noi.

Ci sono comportamenti che indicano l’attrazione fisica: conoscerli è molto utile per superare timidezze, insicurezze e paura del rifiuto. A volte, ci piace una persona, ma magari non ci facciamo avanti perché non siamo sicuri della sua reazione o temiamo di equivocare i suoi segnali: supponiamo ad esempio, che una persona incroci il nostro sguardo e nel farlo si accarezzi i capelli, cioè dia un segnale di inequivocabile interesse; a quel punto, sapremmo con sicurezza che una nostra avance sarebbe ben accetta, anzi, proprio desiderata.

In certi casi, si può usare la comunicazione non verbale come una vera e propria sfera di cristallo: non si può non reagire quando si viene «toccati sul vivo»; così, quando, anche casualmente, pronunciamo determinate parole o frasi e chi abbiamo di fronte reagisce, possiamo essere certi che la questione lo riguarda di persona.

Osservando le risposte del corpo del nostro interlocutore possiamo inoltre pilotare il discorso, così da selezionare gli argomenti che trova interessanti e scartare quelli giudica irritanti: ai suoi occhi appariremo dei brillanti conversatori, sebbene sarà stato lui stesso, senza volerlo, a «indicarci la via»; cioè a guidare la scelta degli argomenti e delle parole più stimolanti

Il metodo infine può anche essere applicato su di sé. Non sempre siamo sinceri con noi stessi; a volte, ci raccontiamo delle bugie perché preferiamo evitare di prendere coscienza di certe realtà, perché certi nostri sentimenti non sono coerenti con le nostre convinzioni e credenze o perché semplicemente non facciamo attenzione a certe nostre esigenze. Renderci conto di aver fatto determinato atto non verbale di segno contrario a quello che pensiamo o diciamo, ci può aiutare ad essere più onesti con noi stessi e a vivere in armonia con le nostre emozioni.